venerdì 1 giugno 2012

guerre ed equilibri mediorientali


... In questi mesi si è ripreso a discutere di guerra in relazione a due paesi dello scenario mediorientale: Siria e Iran... ma 

«La Siria non è la Libia…» di Marco Fossati ( riduzione)

Quanto accade oggi in Siria presenta caratteristiche simili a quelle che si potevano osservare in Libia lo scorso anno: da una parte, una rivolta che, apparentemente, mostra di avere un forte appoggio popolare ma che è politicamente disomogenea, con forti divisioni interne, scarsa capacità militare e gravi rischi di infiltrazione jihadista; dall’altra, un regime autoritario, dotato di potenti mezzi repressivi che provocano un alto numero di vittime fra la popolazione civile. Ma, in questo caso, la possibilità di un intervento militare è stata presto scartata. «La Siria non è la Libia», è stato ripetuto più volte in questi mesi: da esponenti dell’Unione Europea (AGI, 8 febbraio), da Barack Obama (Adnkronos, 6 marzo), dallo stesso presidente del Consiglio Nazionale Siriano (“Il Manifesto”, 25 marzo 2012).

... in Siria non si può fare quello che si è fatto in Libia proprio perché è già stato fatto lì. ... una replica della risoluzione 1973, con la quale il 19 marzo dell’anno scorso presero il via gli attacchi aerei della NATO contro le truppe di Gheddafi, è stata innanzi tutto scoraggiata dall’esito deludente di quella iniziativa che, pur abbattendo un regime tirannico e oppressivo, ha contribuito a creare un’area di instabilità nella quale le violazioni dei diritti umani non sembrano meno gravi ed estese di prima.

Un cambio di regime che fa paura a molti

In effetti, «la Siria non è la Libia» anche perché il suo ruolo nel complicato sistema degli equilibri mediorientali è assai più decisivo. Al di là delle generali dichiarazioni di condanna dei suoi sistemi repressivi, molti sembrano preoccupati della possibile caduta di Bashar al-Assad. La Russia, che rischierebbe di perdere l’ultimo interlocutore che le è rimasto nella regione (il porto siriano di Tartous è l’unica base a cui possano appoggiarsi le navi russe nel Mediterraneo) e un partner economico di tutto rispetto (in particolare nella vendita di armi). La Cina ...non vuole agevolare cambiamenti politici che potrebbero favorire gli interessi americani e danneggiare i propri (la Cina è il terzo paese importatore della Siria). L’Iran, che dalla nascita della repubblica islamica ha un asse privilegiato con Damasco ... non vuole perdere un prezioso partner economico e politico che rappresenta, fra l’altro, il ponte attraverso il quale da Tehran si raggiunge la Beirut degli Hizballah.

... e anche fra la stessa popolazione siriana, chi si sentiva relativamente protetto sotto il governo degli Assad, per esempio le minoranze cristiana (10%) e drusa (3%), teme che un cambio di regime produca un forte peggioramento delle proprie condizioni.



























1 commento:

  1. Cara Alessia,
    ho preferito aprire un nuovo post per l'approfondimento che oggi in classe abbiamo concordato.
    Buona lettura
    la tua prof

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